Solo parole e vuota retorica per la salute mentale

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Di  Ennio  Fortuna.

In un notevole intervento pubblicato l’11 luglio scorso, due noti psichiatri veneti [1], Gerardo Favaretto e Ludovico Cappellari, contestano con vigore le conclusioni cui ero giunto nell’articolo sulla situazione della psichiatria nel Veneto e in Italia (Il sogno negato di Basaglia). Devo anzitutto dare atto della grande civiltà del”pezzo”. Gli autori argomentano e criticano, ma senza acrimonia o preconcetti, ragionando con pacatezza e con logica. Secondo la loro tesi, l’attuale psichiatria italiana è in grande progresso rispetto alla precedente, riallacciandosi, ma andando oltre Basaglia (fin qui sono d’accordo, ed è anzi proprio questa la premessa anche del mio discorso), e le strutture pubbliche predisposte e operanti sarebbero numerose e diffuse nel territorio, al punto che le fondamentali intuizioni di Basaglia risulterebbero quasi completamente realizzate e il suo programma sostanzialmente soddisfatto.
Non c’è scriteriato ottimismo nelle loro parole, perchè tra le righe trapela la consapevolezza che non tutto è perfetto e che non tutto funziona, anche se la colpa viene fatta risalire da un lato ad un obiettivo ritardo culturale della comunità e dall’altro al fatto che sarebbe proprio il malato di mente a non servirsi, come potrebbe, delle strutture predisposte dalla sanità regionale.
In sostanza ci sarebbe ben poco da criticare, le cose vanno bene o quasi, e se qualcosa non funziona non è al servizio sanitario pubblico che si deve rimproverarlo.
Personalmente vivo da tempo, ancorché indirettamente, l’esperienza dei malati di mente assistiti da Minerva a Padova e a Venezia (è un’associazione che si occupa di malati di disturbo bipolare). Gli interessati lamentano generalmente, disinteresse, incapacità e inadeguatezze del servizio sanitario. Verosimilmente non manca qualche esagerazione, sempre presente quando si valuta l’efficienza di un servizio pubblico (i malati sono pur sempre utenti, naturalmente portati alla critica), ma nel complesso l’insoddisfazione è percepita ed espressa come obiettiva, reale e, ciò che più conta, come estremamente diffusa, se non addirittura unanime. Tutti i malati e tutte le famiglie sbagliano? E allora perché solo pochi, e comunque non molti, si dolgono dei servizi cardiologici o chirurgici e così via? Certo è possibile che nella nostra regione le cose possano andare un po’ meglio che altrove, ma è sicuro che l’utente diretto e la sua famiglia pensano che si faccia poco, assai poco, talchè, anche solo da tale punto di vista, la sanità regionale dovrebbe moltiplicare i suoi sforzi in materia psichiatrica, non fosse che per evitare lamentele non del tutto prive di ogni fondamento.
Ma dall’articolo trapela un’altra verità poco rassicurante. I due professionisti negano disservizi, e lodano le strutture nonchè la loro efficienza e adeguatezza, ma tacciono del tutto sui tre punti fondamentali richiamati e sottolineati nel mio intervento. La spesa per la psichiatria dovrebbe essere per legge il 5% del totale del bilancio della sanità ed invece è assai lontana da tale livello e forse si aggira su circa la metà, il numero dei malati di mente (schizofrenici o affetti da disturbo bipolare) è enorme (sembra il 3% della popolazione). Di conseguenza le strutture operanti oggi sul territorio sono in grado di assistere assai meno della metà dei malati, e parlo solo di quelli gravi o gravissimi, spesso in crisi acuta. Esiste un riscontro inoppugnabile della conclusione che qui ribadisco: il malato si va rivolgendo sempre di più alla psichiatria privata, abbandonando la pubblica, ma il malato privo di mezzi rimane abbandonato a se stesso e alla famiglia. Questo è quanto risulta a Minerva e alle molte altre, analoghe associazioni, sorte proprio per assistere malati di mente che altrimenti rimarrebbero del tutto privi di aiuto nonchè in preda alla più cupa disperazione (ed è inutile aggiungere che si tratta di un ulteriore, preciso, inequivocabile riscontro dell’attuale negativa situazione, la cui obiettività e consistenza non c’è alcun bisogno di commentare).
Insomma la differenza tra la mia posizione e quella dei miei critici può essere sintetizzata come segue: secondo me si fa poco,assai poco, comunque troppo poco, secondo i due psichiatri si fa, anche se non ancora abbastanza. C’è quindi, in ogni caso, molto da fare, e molto da lottare: l’assistenza psichiatrica pubblica è assai carente, a cominciare dalla consulenza professionale organizzata per l’emergenza acuta (i servizi di pronto soccorso non sono concepiti e predisposti per i malati di mente, e spesso il medico addetto non sa che cosa fare o consigliare, mentre, a volte, basterebbe poco, come insegna l’esperienza, per evitare improvvisi e gravi fatti di sangue che fanno poi rimpiangere le vecchie strutture manicomiali). La nostra regione che tanto fa per la sanità, può quindi e deve fare assai di più anche per la psichiatria. Non è solo un dovere scritto nella legge, è un solenne impegno assunto dal paese nello stesso momento in cui, dopo gli studi di Basaglia, si chiudevano i manicomi, mettendo, finalmente e senza rimpianti, la parole fine ad una lunga e dolorosa storia di mortificazioni e di rifiuti del diverso, di esclusione del malato di mente dal contesto sociale. Nessuno deve rimpiangere quei tempi e quella situazione, ma è indispensabile che tutti facciano quanto possono a tal fine. Altrimenti sono solo parole e vuota retorica.
Fonte: Il Gazzettino del Nord Est

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