REGIA DI GRAEME CLIFFORD
- Scheda del film
- Cast: Jessica Lange, Kim Stanley, Sam Shepard, Bart Burns, Jonathan Banks, Bonnie Bartlett, James Brodhead, Jane Jenkins, Jordan Charney, Sarah Cunningham
- Regia: Graeme Clifford
- Sceneggiatura: Eric Bergren, Christopher Devore, Nicholas Kazan
- Data di uscita: 1983
- Genere: Drammatico
Trama
Nel 1931, il borghese ambiente di Seattle è turbato dal saggio letterario della sedicenne Frances Farmer, le cui asserzioni sulla “morte di Dio” coincidono in loco con manifestazioni sindacali e con taluni fermenti filocomunisti. Frances, anticonformista e ribelle (sebbene, per la verità, in forme assai vaghe), aspira peraltro a diventare attrice impegnata. Un viaggio-premio in U.R.S.S. (è l’epoca di Stanislaski), la conferma nella sua forte ambizione, con conseguente allargamento nella breccia della disistima e diffidenza del perbenismo locale. Disastrosa e nettissima, poi, la opposizione della madre Lillian, malgrado l’appoggio del pur debole padre. Solo conforto della intraprendente ragazza la tenera, comprensiva amicizia di Harry York , in un rapporto che non si estinguerà per tutta la vita. Anche la scelta teatrale di Frances è, all’epoca, sinonimo di ribellione: essa dà buone prove sul palcoscenico ed entra nel “Group Theatre” di Clifford Odets che ha notato il suo talento. Odets, celebrato autore di “Golden Boy”, fa di Frances la prima donna della sua compagnia, ma Hollywood mette gli occhi sulla naturale bellezza di Frances per farne una “pin up” e un “sexy-simbol”… Anche il matrimonio con un attore alla moda, un autentico fantoccio, fa parte dei “battage” pubblicitario, ma Frances sceglie il teatro, diventa l’amante di Clifford, che ama essendone apparentemente riamata, rompe un favorevole contratto pluriennale con la Produzione cinematografica…, per trovarsi all’improvviso scaricata dall’amante, che parte con la compagnia in tournée per Londra, e praticamente dall’”establishement” del Cinema che – contestato – la rifiuta e distrugge, strumentalizzando anche la stampa. Sentimentalmente ferita e professionalmente battuta, comincia ora per Frances un calvario morale e psicologico, sempre più assillata com’è dalla madre frustrata e possessiva, che vede nel cinema e solo in esso la unica via di salvezza e recupero per la figlia: in un processo umiliante e degradante di vari accadimenti (dall’alcool alle risse, dalla frequentazione inevitabile di uffici di polizia alle aule giudiziarie, dai primi trattamenti psicoterapici in un’ovattata clinica privata, all’internamento in una struttura psichiatrica, con una sequela di elettroshok e violenze fisiche anche gravissime, fino alla “liberatorià” lobotomia finale). Un terrificante e lugubre viaggio, punteggiato da fughe e rientri a casa e poi ancora fughe, motivate da insofferenze e rancori mai controllabili, in perenne e gravissimo conflitto con la madre Lillian, cui Frances appare legata da un vero e proprio amore-odio. Il vecchio, fedele amico Harry aiuta sempre Frances e la di lui voce fuori campo, da autentico “storico”, dà testimonianza della solidità del rapporto, con tenera quanto vana sollecitudine. La brillante e ancora giovane diva di solo pochi anni prima, torturata e distrutta fino nelle radici medesime della propria vita emotiva, comparirà ancora una volta in TV (suprema nequizia della Produzione), così richiamata all’ordine dal Sistema da lei contestato e offeso: rimessa a nuovo, pacificata a dichiarandosi “guarita”, essa apparirà invece ai suoi “fans” che tanto l’avevano amata palesemente e definitivamente spenta. Frances Farmer entrerà poi nel silenzio e morirà in solitudine e di cancro nel 1970.