Ludwig

ludwig-300x210 Ludwig

Un film di Luchino Visconti.

Con Helmut Berger, Trevor Howard, Romy Schneider, Silvana Mangano, Adriana Asti, Alberto Plebani, Gert Fröbe, Nora Ricci, Umberto Orsini, Clara Colosimo, Maurizio Bonuglia, Helmut Griem, Carla Mancini, Marc Porel, Mark Burns, Raika Juri, Gérard Herter, Eva Axen, Alexander Allerson, Volker Bohnet, Gernot Mahner, John Moulder-Brown, Heinz Moog, Alessandro Perrella, Henning Schlüter, Sonia Petrovna, Louise Vincent, Izabella Telezynska, Bert Bloch, Manfred Fuerst, Kurt Großkurth, Anne-Marie Hanschke, Ian Linhart, Clara Moustawcesky, Alain Naya, Carl-Heinz Peters, Wolfram Schaerf, Helmut Stern, Gunnar Warner, Karl-Heinz Windhorst, Folker Bohnet.

Genere Storico, colore 234 (185) minuti. – Produzione Italia, Germania 1973.

Ludwig (Luigi) II von Wittelsbach, re di Baviera, nato nel 1845, morto suicida nello Starnberger See il 13 giugno 1886, è un personaggio storico molto discusso. A Monaco e dintorni esiste tuttora un culto del giovane sovrano che aiutò prodigalmente Richard Wagner, costruì castelli di fiaba e cercò di emulare il Re Sole; ma fu anche travolto dall’incapacità di governare, dall’omosessualità e dalla paranoia. Sull’ultimo giorno di vita di Ludwig esiste un forte racconto di Klaus Mann, Finestra con le sbarre (ripubblicato dall’editore Franco Maria Ricci con il titolo La morte del cigno); dalla sua vita ha già tratto un film, presentato a Venezia l’estate scorsa, il regista tedesco Hans Jurgen Syberberg. A completamento della sua trilogia tedesca (dopo La caduta degli dei e Morte a Venezia), Luchino Visconti ci offre un ritratto di Ludwig che si estende un po’ faticosamente sull’arco di tre ore. Il regista milanese ha certo trovato parecchie ideali affinità nella figura di Luigi Il, visto soprattutto come un anticonformista; ma senza approfondire il confuso quadro psicopatologico del personaggio e l’analisi delle forze politiche di cui fu vittima (era diviso fra il patriottismo bavarese e l’aspirazione a -una grande Germania). Ciò che appare senz’altro chiara nel film è l’antipatia del regista per Wagner, presentato come bidonista e piccoloborghese; il che, considerate le dimensioni del musicista nella cultura del suo tempo, suona pettegolo e riduttivo. A scene di suggestivo fasto (l’incoronazione) e di vibrante drammaticità (il finale sotto la pioggia) si alternano momenti di scarsa ispirazione. Helmut Berger è convincente anche per merito del suo doppiatore Giancarlo Giannini.

Da Tullio Kezich, Il Mille film. Dieci anni al cinema 1967-1977, Edizioni Il Formichiere

Sito: Il Corriere della Sera