In evidenza: Basaglia e la psichiatria privata

BASAGLIA E LA PSICHIATRIA PRIVATA

Tutte le persone che frequentano la nostra Associazione sanno, per vari miei interventi, che né io né mio marito possiamo definirci filobasagliani; l’abbiamo però conosciuto personalmente e ne siamo stati molto colpiti. L’abbiamo conosciuto in periodi diversi e in luoghi diversi: mio marito fra Venezia e Trieste; quasi coetanei, entrambi veneziani, le famiglie amiche, sono stati entrambi docenti all’Università di Padova; trasferiti poi entrambi a Trieste, mio marito Preside della Facoltà di Medicina e Direttore della Clinica Medica, Franco Basaglia artefice della sua rivoluzione al Manicomio di Trieste). Io l’ho conosciuto invece a Verona, molti anni dopo, dove frequentavo il secondo triennio di medicina e dove la mia famiglia era molto legata a un carissimo amico di Basaglia, il Prof. Terzian, direttore della Cattedra di Neurologia del Policlinico Universitario della città, che spesso ospitava Basaglia a casa sua e dove spesso lo incontravamo a cena. Pur avendolo conosciuto separatamente, mio marito ed io ne abbiamo riportato la stessa impressione: una persona con una forza intellettuale titanica, intelligente e profondamente onesta ma destinata ad interpretazioni distorte da parte dei suoi epigoni, accaniti difensori del vangelo basagliano, considerato immodificabile, provocando la nascita ovviamente di oppositori altrettanto accaniti.

Si deve sempre ricordare invece che Basaglia ebbe grandi intuizioni che non vanno mai dimenticate

Una di queste è la lotta che Basaglia fece contro la psichiatria privata: ben sapeva quanto i pazienti con patologie gravi (e lui solo di queste si curava, considerando le patologie psichiche lievi come varianti della norma) possono essere sfruttati economicamente con ricoveri inutili, con visite inutili da psichiatri privati senza scrupoli, privi di coscienza e di umanità: molti pazienti alla fine arrivano all’abbandono delle cure per esaurimento delle loro risorse economiche. Purtroppo i risultati che vediamo nei servizi pubblici sono talmente deludenti che i pazienti e familiari non possono che darsi alla fuga e rivolgersi alle strutture private, dove almeno l’aspetto logistico è migliore e c’è quell’accoglienza che l’occhio attento al guadagno suggerisce di avere.

In questo momento in cui sia il pubblico sia il privato, per motivi diversi, destano molta preoccupazione in chi persegue il bene di questi pazienti, Minerva si pone come una possibile mediazione offrendo i suoi servizi gratuitamente a pazienti e familiari che combattono contro la malattia maniaco-depressiva (una patologia, come sappiamo, molto grave), suggerendo invece alle numerose persone che contattano Minerva per patologie lievi (patologie che coprono il 92% delle patologie mentali) un bravo psichiatra privato che, se tale, risolve farmacologicamente il loro problema nell’arco di un anno o meno.

La mission di Minerva: Minerva vuole riuscire nel compito di preparare così bene i familiari da toglierli da quel terrore che li ha pervasi per anni prima di arrivare a noi e che non ha fatto loro vedere soluzioni per il futuro: la soluzione invece c’è e consiste

  1. in una diagnosi corretta
  2. in un cocktail farmacologico il più possibile adeguato alla persona, il più possibile senza effetti collaterali e soprattutto
  3. nella capacità dei familiari di monitorare la malattia e i farmaci, così da riferire correttamente ai medici curanti che possono intervenire in tempi adeguati prima dello scoppio della crisi. Conseguentemente, come è ovvio, lavorando a stretto contatto con i medici, facendo tesoro degli errori commessi ma anche dei successi ottenuti, familiari e pazienti arrivano ad una tale conoscenza della malattia da esserne liberati perché sanno di poterla dominare: come sempre sapere è potere.

È necessario anche combattere contro il comportamento di alcuni familiari portati ad abbandonare il paziente nelle mani del privato: considerano di essere in pace con la propria coscienza per la spesa cui si sottopongono; non si interessano più a lui e adducono la falsa giustificazione del non volere invadere la privacy del paziente (retaggio della psicanalisi): in realtà si esonerano dalla fatica di partecipare alla sua sofferenza e soprattutto di capire in quale modo la malattia possa essere dominata e capire che ciò è possibile. Ciò comporta indubbi sacrifici ma la gratificazione di aver salvato una persona che si ama, sono certa (avendolo personalmente provato) compensa di ogni rinuncia anche se molto dolorosa.

Dott.ssa Renata Pigato Dal Palù

Padova, novembre 2013