di OTTIERO OTTIERI
Rifugiato in clinica, il protagonista di questo insolito poema in versi s’abbandona all’affabulazione e alla scrittura, per reagire a insofferenza e noia con un soprassalto vitalistico. Attizzata dal piacere ambiguo dell’autodenigrazione, tra dubbi e sdegni, rimpianti e ossessioni, impertinenze e sberleffi, si dipana la riflessione di chi ha conosciuto tutte le malattie della volontà: le varie qualità della sofferenza di un Io che alterna euforie e malinconie, nonché le impossibili cure: quelle costruite “all’europea” sulla parola e sull’anima, come quelle fondate “americanamente” sulla chimica del corpo.
A illuminare le soffocanti camere d’ospedale e le grottesche fantasie di fuga, è l’infatuazione per una bella infermiera pisana: una passione impossibile e rabbiosa, in cui non manca una certa vanità dongiovannesca. Ma questo inane furore erotico segna anche la scoperta del confine tra sanità e follia, e conduce alla denuncia – e insieme all’accettazione – della incolmabile distanza che separa il desiderio della mente dalla realtà dei sensi.
Nel frattempo, le stoccate comiche e le impennate tragiche di questa dissacrante confessione hanno scompigliato filosofie e concezioni del mondo, chiese e poteri, rivoluzioni e reazioni, slanci e cinismi. Alla fine, temprata da una dialettica esilarante e feroce, la mente riscoprirà se stessa: ingenua e perversa, pura e corrotta, lucida e tenera. Come unico fardello, le rimangono le fragili armi della sua redenzione: desiderio, ironia, poesia.
Gli altri vincitori
Il premio destinato a un’opera italiana è andato a “L’infermiera di Pisa” di Ottiero Ottieri (Garzanti).
Quello per l’opera prima è toccato ex aequo a Nelida Milani (“Una valigia di cartone”, Sellerio) e a Marco Caporali (“Il mondo all’aperto”, Empiria).
Infine sono stati assegnati due premi speciali allo scrittore portoghese Jose’ Saramago e a Fernanda Pivano.